Mentre avveniva questo le due signore romane erano fuori di loro per l'allegrezza di vedere il re: "Oh che bell'omo. Vogliamo scendere per andare a baciargli la mano. Quando avremo un'altra occasione simile?" Ma la mia guida temendo qualche pericolo, disse: "Signore, state pure; non intendete che il re si dispiacerebbe di essere incontrato così in una campagna? È un'indecenza. Anderete in Napoli, e lì averete tutto il comodo di vederlo e di parlargli". Mentre quelle donne ammiravano il loro bel re, io con una certa compiacenza diceva tra me: "Ti mi hai condannata all'esilio ed io sono qui, e ti guardo, e vengo a sfidarti". Dopo che il re fu partito la carrozza riprese il suo cammino. La mia guida, che era un fiero repubblicano, andava dicendo: "Che occasione! E quando mai avrei un'altra occasione simigliante!" Diceva come le signore, ma io capiva bene il significato delle sue parole.
Si giunse in Napoli. Respirai. Forse anderò in carcere ma potrò vedere mia figlia. Andai a casa di Giulia.
Ricordo di Raffaele
Intanto nello stesso mese di gennaio io ed altri sessantacinque compagni uscimmo della galera, e fummo messi sul vapore lo Stromboli, che rimorchiato dalla fregata da guerra l'Ettore Fieramosca ci trasportò a Cadice. Lì stemmo in rada ventiquattro giorni, custoditi severamente, senza potere né scendere né vedere nessuno, aspettando che fosse noleggiato e preparato un grosso legno americano che ci doveva condurre a New York: "Un ufficiale inglese è venuto a bordo, e ha dimandato di voi". "Dov'è? chi è?" "Ha parlato due minuti col capitano, poi subito è disceso, e v'aspetta su la fregata.
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