Un dì tra gli ultimi di maggio discendendo dal casino incontrai nella strada di Chiaia il mio rispettabile amico Carlo Poerio, che da lungo tempo io non vedeva. Questi mi disse che in sua casa talvolta andava un tale Iervolino per cercargli protezione ed impiego, ma ch'era una spia salariata; che egli aveva avuto tra le mani un rapporto che costui scriveva al commissario di polizia Gennaro Cioffi nel quale parlava di esso Poerio e di me: e di me diceva che io gli aveva data speranza di prossima rivoluzione. Io risposi non conoscere neppure di nome quest'uomo: non mi curai di nulla perché avvezzo ad udire simili spaventi, perché era sicuro della mia coscienza, era sicuro che il governo mi conosceva, e non avrebbe commesso un abuso contro di me senza un'accusa legale. Ma il 23 giugno "in linea di prevenzione e per ordine di S. E. il ministro dell'Interno" il prefetto di polizia mi faceva arrestare.
Tutti questi fatti della mia vita e gli altri che dirò appresso, saranno da me provati innanzi la corte criminale con bei testimoni e con documenti. E quantunque da questi fatti si veggano chiare le mie opinioni, pure io voglio dire più apertamente ed al cospetto di tutti come penso e come sento.
Nel mondo non vi sono altri che due soli partiti, gli uomini onesti, ed i birbanti. Io mi sono sforzato sempre di appartenere agli onesti, e non mi son brigato mai dei nomi, perché ho veduto molte opere nefande commesse da uomini detti o realisti, o liberali, o assolutisti, o repubblicani, o costituzionali.
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