Credete di amare e di lodar il re, ma voi lo abborrite e lo vituperate. Infatti chi dice che io ho dato una cosa per paura, mi chiama vile, chi dice che l'ho dato a chi non la desidera e non la pensava, mi chiama pazzo: chi mi consiglia di riprendere un dono che io ho fatto ed ho giurato di mantenere, mi consiglia di essere spergiuro. Vedete quale empietà commettete senza saperlo. Onde io grandemente mi maraviglio che il procurator generale, Filippo Angelillo, che è dotto ed egregio magistrato, sul principio dell'accusa abbia scritte queste parole: "In aprile 1848, rotto ogni freno di morale e di religione, i faziosi tendevano a slacciarsi pur da quello di un reggimento costituzionale, che la magnanimità di principe clementissimo avea generosamente donato, seguendo l'impulso del suo reale animo più che il supremo bisogno del sudditi, alla cui immensa maggioranza tutto nuovo, non desiderato, non pensato giungeva". Queste parole calunniano la nazione, ed offendono il principe: il quale sapientemente ha voluto la costituzione, generosamente l'ha data, religiosamente l'ha giurata, e per sua gloria la manterrà. Chi dice il contrario, sì, offende il principe, ond'è ribelle e degno di pena. Io con tutti gli uomini onesti non ho mai diffidato della religione del principe; ho sempre creduto che egli ci diede uno statuto perché lo credette necessario al nostro bene, ed utile alla sua gloria; e spero fermamente che questo principe giusto e religioso avendoci data una buona legge nella costituzione, voglia farla rigidamente osservare, togliendoci da questo penoso stato d'incertezza, e punendo severissimamente tutti coloro (e me primo, se son reo) che con vari nomi infrangono la giustizia, turbano l'ordine, confondono ogni cosa.
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Filippo Angelillo
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