Se la denunzia fosse stata vera, il commessario l'avrebbe sminuzzata in minime parti, avrebbe fatto ben tornar la memoria al denunziante, lo avrebbe ritenuto come complice non come testimone a carico, avrebbe chiarito ogni cosa, e in quello stesso giorno 6 giugno, avuto facilmente il permesso del ministro, avrebbe fatto arrestar me, cercar la mia casa e la libreria del Rondinella: ma per contrario si da tutto il tempo di diffondere i proclami per l'Europa, perché io sono arrestato il 23 giugno, e la libreria del Rondinella è dimenticata; e solo in luglio, e per ordine di un altro commessario, è ricercata, e non vi si trova nulla. Se opera così chi vuole scoprire il vero, io rinunzio alla qualità di essere ragionevole. Il commessario dovette tacere e rispettare i libelli avuti: e capì che era un pretesto messo in mezzo per arrestarmi, e mi fece arrestare. Il Poerio fu colpito di poi, il Nisco era già in prigione: gli altri furono tenuti in serbo, perché meno odiati.
Legalissimamente, cioè in linea di prevenzione e per ordine del ministro dell'interno, fui arrestato dagl'ispettori fratelli Cioffi, i quali accompagnati dal loro vecchio padre, che si tenne nascosto nelle scale, vennero in mia casa, cercarono e frugarono per tutto con assai diligenza. Era con me il mio egregio amico, avvocato Nicola Mignogna di Taranto, e fu arrestato anch'egli, perché, secondo dice il verbale, "sfornito di carte giustificative e per conservare diverse carte"; mentre egli è in Napoli da venti anni, ed aveva in tasca citazioni sentenze, ed altri libelli giudiziari.
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