Egli ha narrato quello che ha patito nelle segrete, quello che il prefetto gli disse, quello che da lui si voleva, quello che gli fu in vari modi suggerito ed imposto, e le sue parole sono un'altra chiara pruova di quello che io ho detto del modo onde è stato fatto il processo. Quantunque la lettera contenga lieve accusa contro di me, ed il Carafa abbia il dovere di difendere l'onor suo e quelli che egli per suggestioni altrui e per propria debolezza ha nominati, purnondimeno quella lettera mostra chiaramente una lotta tra il cuore e la mente sotto l'impressione della paura. Ne parli dunque il Carafa: io non ne dico di più.
Adunque tutta l'accusa contro di me è poggiata sulla denunzia dello scelleratissimo Iervolino, che dice esser io un settario ed avergli dato un proclama; e sulla dichiarazione del Margherita che dice di aver inteso dal Giordano e dal Sessa, che io era uno dei capi della setta, aveva riunioni in casa, aveva composto il proclama: è poggiata su di un'assertiva ed un aver inteso dire. Per quest'accusa io non temerei il giudizio di qualunque tribunale che giudicandomi stesse alla ragione ed alla legge; ma contro di me c'è odio di parte, odio personale, desiderio di vendetta tardata. Io usando di una virtù che è ignota ai miei persecutori li perdono di tutto cuore, prego Iddio che non dia loro a colpa le amarezze che fanno sofferire a me ed alla mia famiglia, ed aspetto serenamente l'esito del giudizio, perché la coscienza non mi rimorde di nulla, io non cospirai contro la persona del re, io non volli mai setta né rovesciare il governo, io non consigliai né approvai assassinii, ma fra quarantadue fui assassinato anch'io.
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