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      E qui permettetemi che io dica, che il procurator generale trasportato dal zelo dell'accusa faceva del Iervolino un fior di galantuomo, e di me un ribaldo, diceva che io confessai di conoscere il Pacifico, riteneva senza altro che io, perché sono io, composi e dispensai il proclama, e leggendo con giusto sdegno e raccapriccio quella pazza e scellerata scrittura, disse gravi e cocenti parole contro di me, e finì dicendo: "sia segno degli errori cui può trascinare una colpevole e mal frenata passione". Io vi ripeto che non mi lamento di queste parole: se son colpevole merito questo e più. Ma il procurator generale nondimeno, prima di scagliarmi addosso quella tempesta, poteva leggere nel processo il mio interrogatorio del 27 giugno, le dimande che mi furono fatte e le mie schiette e leali risposte:
      D. Conoscete Ludovico Pacifico?
      R. No, signore, nemmeno di nome.
      D. Conoscete il libraio Gabriele Rondinella?
      R. Sì, signore, ci comprava libri.
      D. Da quanto è che non lo vedete?
      R. Da circa tre mesi.
      D. È venuto mai in vostra casa?
      R. Non mai.
      D. Conoscete l'orefice Luigi Iervolino?
      R. Nemmeno per nome".
      In qual pagina del processo sta dunque che io dissi di conoscere il Pacifico? In qual pagina sta che il Pacifico fu dimandato di me, se egli fu arrestato in ottobre e perché nominato dall'Errichiello? Ah, signori, leggendo bene il processo non troverete provato il delitto che a me si attribuisce, il mio vero delitto son due parole, è il mio nome e cognome, è quella nera nube di prevenzione che mi circonda, e per la quale qualunque cosa si dica di me, tutto par vero, tutto è credibile.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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