Non è dunque vero che per commuovere altrui l'anima dell'artefice debba essere commossa?
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Le lettere d'Isabella d'Este a Leonardo sono dolci, quasi timide: ne sente la terribile grandezza di Nume! L'ammirazione che gli ebbe fu così grande che non esitò davanti ad alcuna difficoltà pur di procurarsi la gioia di godere la vista delle sue opere divine. Così, una volta, inviò apposta un corriere da Mantova a Milano, a Cecilia Gallerani, pregandola di mandarle il ritratto fattole dal grande fiorentino, che ella era ansiosa di ammirare. E la cortigiana, che pure aveva alto intelletto, obbedì tosto al volere della gran dama, e si affrettò con una umile lettera, a mandarle il ritratto.
Graziosissima è una lettera di Isabella a Leonardo in cui (nell'attesa del ritratto proprio) gli alloga un quadro che abbia per soggetto: «Gesù nella sua adolescenza». Ella dice in essa al caro messer Leonardo che il quadro gentile sarà per lui un riposo dopo la grande fatica dei cartoni (ai quali stava allora lavorando) della «Battaglia di Anghiari». E come fu sempre con lui longanime nella aspettazione! Per avere qualche sua opera, nè è certo se mai le riuscisse di averla, mise in moto addirittura mezza Italia!
Tutto quanto la circondò dovette essere bello. Sotto il suo impulso la Reggia dei Gonzaga rise per tutte le pareti, per tutte le vôlte d'ogni maniera di pitture e di ori: così su quella, come su l'antica casa dei Buonacorsi, sul vicino castello fortificato e sul suburbano palazzo del Te, parve passare il caldo alito di una nuova ellenica primavera.
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