Che curiosi particolari di quelle nozze splendide eppure non liete, in quel mite calendaprile del 1503! Peccato non potere citare. Un gran posto, in quel carteggio, è occupato dalla descrizione dei bellissimi abbigliamenti della «sposa» (sulla quale, Isabella, da fine diplomatica, evita di dare il suo giudizio) delle altre dame e delle sue proprie: l'«eterno femminino» non si smentisce!
Non trascura però di dare al marito le notizie che possono fargli piacere: come p. e. quando gli annunzia che in un combattimento dato in onore degli sposi, tra gli uomini d'arme ivi adunati, la vittoria è toccata a Vicino da Imola, al servizio del marchese di Mantova: «Vesino restò a cavallo, et cum gridi infiniti andò volteggiando per il stechato. Insomma, la palma è nostra».
A Milano, dove era stata nel 1491 per le feste nuziali di sua sorella Beatrice con Ludovico il Moro, fu l'astro più luminoso di quella eletta radunanza. Uno dei tratti del suo piacevole spirito ci è tramandato da un episodio arguto messo in luce da un dotto scrittore. Si doveva un giorno ragionare, tra le più colte dame e i più dotti cavalieri, di letteratura e d'arte, e allora si accese una disputa tra la marchesa di Mantova e un cavaliere milanese, Galeazzo Visconti, tutti e due innamorati del Boiardo, se fosse da preferirsi, tra i suoi eroi, Orlando o Rinaldo. Isabella teneva vivacemente le parti di Rinaldo, per quello charme de la canaille che piace tanto chi sa perchè? alle donne oneste; e la cronaca dice che ella perdette, e che dovette pagare una scommessa al suo elegante avversario, durante una lieta cavalcata.
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