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      Gaia, vibrante, serena, forte della sua interiore purità, ella ebbe del suo tempo, l'amabile piacevolezza, lo scetticismo bonario, il gusto del conversare un poco ardito e sensuale, che pur seppe contener sempre nei limiti dell'onesto.
      Sappiamo che cantava con una bella e calda voce accompagnandosi con esperta mano sul liuto: e anche per il canto sceglieva i versi più dolci e più belli. Pietro Bembo, mandandole una volta sonetti e strambotti composti per lei, così le scrive: «Confortami che se saranno cantati da V. S. si potranno dire fortunatissimi. Ne altro bisognerà perchè agli ascoltanti piacciano e siano più avuti cari, per la bella et vaga mano et la pura et dolce voce di V. Ill.ma Signoria».
      E il Trissino, in una canzone, celebra così la sua valentìa:
      Ma quando le sue labbra al canto muoveTanta dolcezza piove
      Dal ciel, che l'aere si rallegra e il vento.
      A me piace anche pensarla recitante i versi di grecotoscana vaghezza di Angelo Poliziano: p. es., qualcuno de' suoi un poco birichini rispetti:
      So innamorato d'una rosa rossa,
      E il giorno non mi so da lei partire,
      Quando ci passa il suo bel petto mostraEd è sì bianco che mi fa morire!
      E penso anche con che ghiotti orecchi l'avranno ascoltata quei gaudenti di allora, per i quali ella ebbe sempre il dolcesognato sapore del frutto proibito! Chè «noli me tangere» stava scritto su le piccole fresche labra canore, sui belli occhi celesti di madonna!
      Ella si contentò di tendere l'orecchio a tutte le grandi voci del Rinascimento, di comunicare coi grandi Spiriti che daranno a lei, omaggio riconoscente e meritato, l'immortalità; si contentò che davanti a lei piegassero il ginocchio, con devoto cuore, gli artefici divini che tenevano alti nel bel sole italico, i sacri orifiammi del Genio; i cavalieri dotti e cortesi che si chiamarono: Lorenzo, poeta e signore magnifico, Giovanni Pico della Mirandola, che aveva un fiume di sapienza sotto la bella chioma inanellata, Lodovico il Moro che riscattò i suoi torti di principe italiano con l'affetto che ebbe all'eroe da Vinci; o finalmente, se anche non nelle grazie di Isabella, il bieco e pure grande Valentino.


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Femminismo Storico
di Sfinge
Editore La Poligrafica Milano
1901 pagine 117

   





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