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      Quale meraviglioso sogno di poeta può eguagliare la magnificenza della regale trireme che porta Cleopatra verso Tarso, navigando su le brune acque del Cidno? La poppa è d'oro, i remi tutti d'argento, di porpora le vele che, quali enormi farfalle, fendono l'aria luminosa. Da tripodi d'oro s'innalzano verso il cielo molli e sottili profumi, fanciulle vaghe come nereidi recano intorno coppe preziose colme di vino biondo come il miele, garzoni belli come fanciulle offrono, in piatti d'oro, dolciumi prelibati, piccoli etiopi, bruni e lucenti, agitano grandi ventagli composti con le piume di uccelli rari. Sopra un dado, sotto il suo trono scintillante di gemme, tra la pompa di tappeti molli come chiome di ondine, la Regina sta e aspetta. Vestita di porpora e di bisso, il serto regale cinge la sua breve fronte, bianca come la luna, i suoi occhi splendono più delle gemme, la sua chioma profonda come le tenebre le ricade sugli omeri ignudi.
      E sistri e flauti, celati alla vista, suonano voluttuose melodie, e la trireme maestosa s'avanza su le acque brune.
      Cleopatra era conscia della sua forza; ma quella forza che vinse il divino Giulio, che fece del prode Marc'Antonio un vile sublime, poteva essere fatta soltanto di corporale bellezza? Ognuno ricorda il motto di spirito di Pascal: «Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, la faccia del mondo sarebbe cambiata», ma quello, evidentemente, non è che un motto di spirito. Antonio, il romano raffinato come un orientale, il forte e insaziabile amatore, il maturo e gaio conoscitore di femmine, marito infedele di caste e vaghissime matrone, folle signore di meravigliose cortigiane, Antonio non doveva essere facilmente vinto nella pugna d'amore.


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Femminismo Storico
di Sfinge
Editore La Poligrafica Milano
1901 pagine 117

   





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