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      Tuttavia, se solo dopo egli ha veduto, quasi obbiettivamente il vero, anche prima deve avere avuta, anche se imperfettamente, nella nebbia del dubbio che gli offuscava la mente, la visione della verità.
      Giacchè, se egli parlava tanto della santità, della invitta onestà della sua donna, vuol dire che sentiva di esserne amato. Perchè, così non essendo, quale santità e quale invitta onestà sarebbe stata necessaria a respingere l'amore di chi ella non avesse amato?
      Più innanzi, Petrarca fa dire alle rosate labbra così:
     
     
      «Fur quasi eguali in noi fiamme amorose:
      Almen poi ch'io m'avvidi del tuo foco:
      Ma l'un l'appalesò, l'altro l'ascose.
     
      Tu eri di mercè chiamar già rocoQuand'io tacea, perchè vergogna e tema
      Facean molto desir parer sì poco.
     
      Non è minor il duol perch'altri 'l prema:
      Nè maggior per andarsi lamentando:
      Per fizïon non cresce il ver nè scema».
     
      Nobili, alte, sapienti parole: pennellata veramente sovrana del grande maestro!
      Sì, Laura dovette amare messer Francesco: ed egli, benchè tardi, lo intuì.
      E perchè non supporre che oltre all'assiduo tarlo del dubbio che rose l'anima sua, non abbia valso ad accrescere sulle eterne carte almeno, il mistero del cuore di lei, il rispetto profondo che egli ebbe sempre, per colei che «gli diè tanta guerra»? A me piace pensare anche questo.
      Ma Laura dovette amarlo. Una donna resiste alla bellezza, alla giovinezza, alla gloria di un uomo: ma non resiste alla fedeltà. Nessun'arma è più di questa atta a vulnerare il cuore di una donna. Giacobbe che servì sette anni ed altri sette per ottenere Rachele si acquistò il maggiore di tutti i meriti agli occhi di colei che amava e non c'è di noi chi non giudichi dolce la sorte della figlia del possessore di greggi, Labano!


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Femminismo Storico
di Sfinge
Editore La Poligrafica Milano
1901 pagine 117

   





Petrarca Laura Francesco Laura Rachele Labano