Essere lungamente, pazientemente amata, con fido cuore che non si stanca: c'è cosa al mondo che ad una donna piaccia di più?
Così Laura che tanto leggiadramente e delicatamente era donna, dovette, per la sua lunga spirituale fedeltà, riamare il poeta, di cui ella fu unica, tutto il mondo interiore. Eppure, con fermo cuore, seppe mantenersi pura. Magnifico sacrificio cui la severità dell'Evo al quale ella appartenne, e la nobiltà d'animo del suo infelice amatore, furono certo valido aiuto, senza diminuirne l'essenziale bellezza.
Ho accennato alla nobiltà d'animo di lui, e voglio darne la ragione.
Egli amò Laura d'un amore che dirò completo, in cui anima e senso si riunivano in saldo e necessario vincolo: ma nella gemella, inseparabile forza, prevaleva la parte elevata, sì che l'amore in lui giungeva fino ad uccidere l'amor proprio, ch'è schietta manifestazione di egoismo.
Non cantò egli ognora, al sole ed alla luna, la sua sconfitta?
Cercò egli mai a questa attenuazioni o pietosi veli? Non mai. E a me pare che simili atti di sincerità siano sicuro indizio di nobiltà d'animo e di perfetto amore. Nelle relazioni d'amore, bisogna ricordarselo, l'amor proprio, o meglio la vanità, parla e si sdegna solo quando il vero amore, ch'è la voce dell'anima, tace. Petrarca desiderava Laura con «ingordo volere»:
«Con lei foss'io da che si parte il Sole
E non ci vedess'altro che le stelle,
Sol una notte: e mai non fosse l'alba!»
Come spiegano questo divino grido coloro che vogliono vedere in quello del Petrarca un mostruoso amore cerebrale?
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