Ma nel tempo stesso egli le voleva bene: e per questo bene perdonava a lei le ripulse, gli sdegni, il fiero orgoglio, l'apparente gelo, tutto quello che lo faceva così crudelmente soffrire. Ma poichè ciò che lo faceva soffrire era l'onestà di Laura, egli aveva il nobile coraggio non solo di perdonargliela, ma di amarla, per questa ancora di più! Oh Laura, tra tutte le donne la meglio amata!
È dunque possibile, mi ridomando, non sentire nel Canzoniere la presenza reale di costei? È possibile non sentire l'unità del motivo, il ritmo unico che è norma di tutta la divina sinfonia amorosa? I pochi amori (se si possono chiamare così) estravaganti del Petrarca, cui egli abbia fatto l'onore di fissare col suggello dell'arte, si collegano tutti, piccoli episodî, al tema principale. Non è così ad esempio, quando, dopo morta Laura, egli ci dice che sarebbe forse ricaduto nel laccio d'amore, se l'antica tempesta non lo avesse ammaestrato? E Laura non appare qui necessaria, come la sua salvatrice? A mio avviso il Canzoniere è una collana di perle, è una orchestra di musiche di cui ognuna ha, come genesi, un documento umano. Sono impressioni così immediate, sono accenti così sentiti (a malgrado di qualche leccatura, di qualche cincischio, da cui procedè sventuratamente il petrarchismo) che il dubitare se tutto ciò sia pura immaginazione mi sembra, senz'altro, puerile.
Ma non è forse il cuore stesso la genesi di ogni grande lirica? Non è laggiù nel profondo cuore dell'uomo la radice della sua arte?
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