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      La tela d'oro dell'arte è tessuta, sì, dalla mano dell'artefice, guidata dal cervello: ma la trama deve formarsi nel mistero dell'anima, ma il filo deve aver origine dall'arruffata matassa della vita.
      Come pronunciare dunque la bestemmia artistica e psicologica che l'amore di Petrarca sia soltanto una elaborazione del solito amore trovadorico e convenzionale che da un centennio fioriva sotto il sole di Provenza e d'Italia? È possibile non sentire Laura sorridere, piangere, cantare, vivere: non vederla tuffarsi nelle chiare acque, bella e bianca come Venere, non vederla seduta su la fresca erbetta, protetta da qualche bel ramo, giuncata da una lieve pioggia di fiori: non vederla, prima che nelle eterne carte, viva e vera, nella vita? In seguito, la realmente goduta visione di luce, si trasformava, passando per l'anima del poeta, nelle divine melodie che dopo tanto volgere d'anni noi ancora beatamente ascoltiamo.
      Ed io vedo Laura, attiva di tutta la sua vissuta grazia, sorridere a me che la evoco con devoto cuore, dalle pagine del Canzoniere: di quella grazia di cui s'impossessò (oh veramente magnifico possesso!) Francesco Petrarca, per fissarvi sopra la sua impronta immortale.
      S'egli fu un poco poseur (come bene è stato detto), s'egli esagerò un poco i nodi della sua passione, s'egli amò il suono delle sue pene e delle sue querele, ciò non nega la sincerità della sua doglia. Ma se non con gli occhi dell'anima nel Canzoniere, almeno con quelli del corpo mortale, ognuno può vedere Laura tramandata ai posteri nelle altre opere del suo poeta: nelle lettere famigliari e senili, e nel «Segreto» ch'è come il libro delle sue confessioni.


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Femminismo Storico
di Sfinge
Editore La Poligrafica Milano
1901 pagine 117

   





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