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      Maria Antonietta non basta adorarla religiosamente, ammirarla e compiangerla (dei detrattori mi piace non occuparmi) sui documenti della sua sventura, per poterla imparare a conoscere: bisogna amarla. Amandola molto, amandola teneramente, sarà assai più facile il conoscerla, il penetrare l'intima essenza di quella creatura che l'oscuro fato destinò ad essere olocausto di secolari errori alla vindice sete dell'umanità che apriva gli occhi alla luce, frammezzo alla nube di sangue di quell'«omicidio collettivo», socialmente necessario, che fu la Rivoluzione francese. Per me, che pure ho l'anima aperta alle divine luci del diritto e della libertà, la morte di Maria Antonietta, e più ancora della morte, il suo martirio, è e sarà, nei secoli, la macchia di quell'epico periodo che inizia la «novella storia». Ma essendo lontano dal mio proposito di fare qui della critica storica, così concentro subito le mie facoltà, che vorrei poter dire pittoriche, sul profilo che, con molta audacia, guidata dalla tenerezza, intraprendo a tracciare.
      Ho detto «facoltà pittoriche», e non so perchè, mi piacerebbe invece dire «musicali»: chè l'imagine di Maria Antonietta desta in me pensieri che oso chiamare melodici, e che un'armonia significherebbe assai meglio della parola. La parola ha troppa precisione di contorni, troppa inesorabilità di definizioni: e certe imagini dovrebbero, a parer mio, poter apparire sopra uno sfondo indeciso, un poco evanescenti, fluttuanti fra la verità ed il mistero, somiglianti alla luce di quelle aureole che circondano il capo dei «Santi»: esse sono tanto belle che fanno parte dell'ultra definibile.


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Femminismo Storico
di Sfinge
Editore La Poligrafica Milano
1901 pagine 117

   





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