Proprio così Maria Antonietta. Composta di luce chiara, d'ombre azzurrine, di profumo e di armonia, di dolcezza e di forza, di sorriso e di pianto, di ecloga e di dramma: certo, di divina poesia.
Ma cerchiamo che il fantasma si plasmi, per un momento, tra le nostre mani accarezzanti (dico nostre, non è vero, lettrice?) e assuma la sua forma integrale: esso ci darà, se le nostre carezze avranno il potere di compiere il prodigio, una grande, una freschissima gioia.
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Maria Antonietta Giuseppina Giovanna di Lorena, nacque (il 2 novembre 1755) «delfina di Francia»: chè a ciò la votava la materna ambizione dell'Imperatrice Regina Maria Teresa, E l'abate italiano Pietro Metastasio prima, l'abate francese Vermond più tardi, ebbero la missione di educare quel giovane spirito sì come quello di una «principessa francese».
Così i germi della dolce sentimentalità tedesca, i quali, a parer mio, avrebbero, se coltivati, formata l'essenza dell'anima di Maria Antonietta, furono dalla puerizia sempre soffocati, inariditi in lei, da persone e da avvenimenti: e perfino il Dovere dovrà immischiarsene, un giorno!
Invece certa sua amabile tendenza a un motteggiare onestamente birichino, fu incoraggiata, stuzzicata nel suo spirito dal suo precettore — Vermond — nel quale accoppiavansi un colto e fine intelletto a un'anima arida di cinico. Niuna seria coltura le fu impartita; invano folgorava di pura luce l'intelligenza giovinetta dell'arciduchessa! Ma a Schönbrunn si pensava che l'«Occhio di Bue» dovrebbe accogliere in un giorno non lontano una delfina tanto adorna di tutte le grazie esteriori da offuscare il ricordo delle «ospiti» che prima vi avevano emerso: e chi pensava a inorridire se le «ospiti» del cui ricordo la vergine imperiale doveva trionfare, fossero le «favorite»?
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