Al vecchio libertino si inumidiscono gli occhi, e durante tutto il viaggio profonde al «seguito» parole di ammirazione fervente per la nuova nipote. (Era buon conoscitore lui!) Ma al castello della «Muette» dove giungono per riposare, sorge la prima nube sul cielo della così bene auspicata gioia famigliare. Il vecchio Re impone alla Delfina la presentazione della contessa du Barry: e la vergine quindicenne, poc'anzi tutta sorriso, assume un contegno così imperialmente glaciale, che la plebea move lagnanza al suo signore e schiavo, contro la «petite rousse!»
Petite rousse! Dolce bambina! Da poche ore eri entrata sul suolo di Francia, e prima delle rose ritrovavi le spine!
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Maria Antonietta fu destinata a soffrire dell'impopolarità di Choiseul, il ministro che «fece» il suo matrimonio: e lo spettro della «Autrichienne» seguirà sempre, prima nell'ombra, discreto, poi a poco a poco ingigantito come da mostruosa fata morgana, la delfina da principio, più tardi la regina di Francia e di Navarra.
Ma ella era fatta per la gioia. Frammezzo ai torbidi intrighi di quella Corte, fradicia di corruzione al di dentro, così scintillante di splendore al di fuori, tra il cupo e ancora lontano minacciare dell'uragano, s'ode, sì come fresco scrosciare d'acqua cristallina, la giovanile risata di Maria Antonietta. Rapita all'austera Corte di Vienna, alla tranquilla solitudine di Schönbrunn dove dai primi sogni dell'adolescenza la sua pura fronte era stata sorrisa, ella, la pianta tenerella, si acclima ben presto all'atmosfera di Versailles, dove porta il profumo della sua grazia ninfale.
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