Là ella è divenuta il ministro degli Esteri di Francia: ed è, non esito a ripeterlo, per una figlia dei Cesari, nata nella fede del Diritto divino, per una coscienza di Regina d'un secolo fa, un «ministro» liberale. Le lettere di lei a suo fratello Leopoldo II lo dimostrano: essa rifiuta, fino quasi all'ultimo, da lui, l'aiuto armato, combatte la politica così detta dell'Emigrazione; è convinta della necessità della costituzione, il suo cuore è quello d'una buona francese. Solo la «madre» avrà ragione di tutti questi sentimenti. Quando ella vede vacillare il trono di suo figlio, la femminilità, che è sempre la grande caratteristica sua, riappare: e non sa più ragionare altro che col cuore.
Intanto la sua dolce bellezza declina. La signorina di Buquoy, che da qualche tempo non vedeva la Regina, è condotta un giorno alla sua presenza: e il cambiamento avvenuto nell'augusto aspetto la colpisce così dolorosamente, che invano tenta trattenere un dirotto pianto. La Regina ritrova per lei uno de' suoi luminosi sorrisi, e passando la sua bella mano sui capelli della fanciulla «ne cachez pas vos larmes, mademoiselle — ella dice — vous êtes bien plus heureuse que moi: les miennes coulent depuis deux ans.... en secret!».
***
Ruit-hora. Gli eventi s'incalzano. Era fatale che la grande epopea di redenzione si macchiasse di tanto puro sangue!
E passano, passano i giorni terribili, le date di dolore. Siamo alla barbara invasione del 20 di giugno. Ed anche in quell'ora, il centro, l'anima della Reggia è sempre Maria Antonietta.
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