Ella trova in quel momento la serenità di spirito, la dignità veramente sovrana di rivolgere alle feroci femmine invase dal demone dell'odio, le nobili parole che inumidiscono molti cigli....
Su l'animo di quel Re, nel quale si giunge persino a desiderare qualcuno dei vizi de' suoi avi, purchè accompagnati da qualcuna delle loro virtù, la Regina non ha mai avuto un vero dominio, in nessun periodo della loro unione.
È curiosissima una lettera di lei, nei primi anni di regno, a suo fratello Giuseppe II: un piccolo capolavoro di sincerità femminile. Ella, nel suo stile elegantemente spontaneo, confessa al fratello la nessuna sua autorità di consiglio sul marito, ed aggiunge che sentendosi di ciò troppo umiliata, cerca di lasciar creder altrui che il suo potere sul Re sia invece assai grande. Così, aiutando le apparenze, la leggenda ch'ella governasse, si formò. Ma l'obeso Re ha l'inflessibilità di carattere dei deboli. Il cedere qualche volta è dei forti: ed egli non cede mai. Così avviene nel terribile 10 di agosto.
L'idea di abbandonare la Reggia, per chiedere asilo all'Assemblea rivolta il sangue della figlia di Maria Teresa. Magnifica di sdegno ella ricorre a tutta la sua eloquenza, a tutta la sua forza morale per indurre Luigi a non muoversi, ed attendere alle Tuileries gli eventi. Oh meglio, meglio assai per tutti, finire violentemente quel giorno, senza avere vuotata fino alla feccia la coppa del fiele! Ma il Re le resiste: egli vuole ubbidire all'Assemblea. Un re che ubbidisce!
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