E allora perchè dunque non sopprimerlo?
«Je le veux, je l'ordonne», egli dice. L'unica autorità che gli restava era quella di capo di famiglia. Sua moglie lo intende: così che, a malgrado dello scatto di rivolta che le fa pronunziare le parole: «Vous ordonnerez, avant tout, Monsieur, que je soi clouée aux murs de ce palais!» pure si arrende, e compie, sublime nell'eroico sacrificio, la suprema viltà. Intanto i suoi fedeli amici, trecento gentiluomini del più puro sangue di Francia, che da due giorni montavano, alla funebre Reggia, la guardia d'onore, immobili, attingendo dallo sguardo di lei l'ultima incitazione, l'ultima carezza, si preparano a spargere il loro sangue, il quale lava, in un divino lavacro, tutti gli errori commessi dai loro padri!
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È troppo triste all'anima di fermarsi alle ultime visioni del martirio di Maria Antonietta. Seguendola nella «Loggia del Logothographe», nel «Convento dei Feuillants», al «Tempio», alla «Conciergerie» una pietà sprovvista di qualunque retorica, una sofferenza cui è impossibile sottrarci, ci assale. La dolce figura di Regina, ingrandita dal dolore, circonfusa della santa aureola del martirio, assurge, nella nostra mente, all'elevazione del «simbolo». Ci pare come di avere dinanzi una scultoria figura d'Arte, una rappresentazione immortale del Dolore: e pure prostrandoci a questa, commossi e devoti, sentiamo una specie di rammarico d'esserci separati dall'altra Maria Antonietta.... per sempre!
Così il nostro rammarico, direi la nostra nostalgia del vanescente dolce fantasma ci fa cogliere a volo, anche nel periodo supremo dell'esistenza della martire, i pallidi accenni dell'antica musica che compose, nella nostra mente, la sua figurazione.
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