Ed ora al profumo sottile della cipria che fino all'ultimo suo giorno ella usa, ora al candore immacolato delle piccole mani uscenti dalle brune vili stoffe che la Francia a stento le concede, stupore de' carcerieri; o al fazzoletto che ancora si annoda dietro la vita divenuta sempre più esile (sarà l'ultima donna di Francia a portarlo, chè la moda rivoluzionaria più non lo ammette!); alla sua tenerezza per i fiori, per i bambini; a qualche suo fugace sorriso accogliente l'omaggio che ancora la sua bellezza suscita, noi la riconosciamo, e nella nostra crudeltà di esteti, ce ne dilettiamo ancora!
Poche cose sono state scritte al mondo di così tragico come la pagina del «bollettino del tribunale rivoluzionario» che hanno per titolo «Processo della vedova Capet».
Ella ha, in quel giorno in cui compare dinanzi a' suoi giudici, in faccia a quel popolo ostile, in cospetto dell'avvenire, che la guarda, un ultimo trionfo di regale femminilità. Con le sue stesse mani ella ha racconciata la sua veste di doglia. Un lungo strascico scende dalla sua elevata persona: disposta a sommo del capo è la chioma d'oro, irrigata di fili d'argento, cosparsa della odorante cipria: sopra, la cuffia vedovile, dalla quale discendono le lunghe zone di crespo, fluttuanti.
Ancora bella e maggiormente adorna di maestà di quando passava per la galleria degli Specchi a Versailles, erto sul capo il ciuffo delle rosee piume, cinto il collo di brillanti puri come gocce di rugiada: con la sua andatura leggera ed ondeggiante ch'è forse il più squisito aroma della sua bellezza, ella produce, in quell'estremo giorno, una impressione profonda, nella bieca assemblea.
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