Questa, e non altra, a me sembra essere la veritā su l'amore, intorno al quale ha germogliato tanto veleno di calunnie, di Alfredo de Musset e di Giorgio Sand. Certamente, essa, conscia della sua forza, che si sentiva l'uguale di qualunque uomo superiore, non poteva essere la donna nel significato tradizionale, cosė cara all'egoismo mascolino, cioč colei che si dā, si annienta nell'uomo, mettendo la sua unica ambizione nell'essere a lui schiava in eterno. Giorgio Sand, intelletto virile (per dire una parola facilmente intesa), coscienza autonoma, non ebbe del sesso a cui appartenne, nč ipocrisie, nč rinunzie, nč sottomissione al sacrificio. Ma non ebbe in cambio nč l'indulgenza degli uomini, nč tutta la simpatia che il suo grande ingegno dovrebbe intorno suscitarle.
Curioso, invero, il giudizio umano. Come sempre verso i deboli, i sofferenti, verso coloro che piangono va il nostro cuore, anche quando la nostra stima non li accompagni! Mentre davanti ai forti se pure c'inchiniamo in segno di ammirazione, il pių delle volte l'anima nostra rimane ermeticamente chiusa. Perchč noi li vediamo combattere contro la cattiva fortuna, ergere la fronte, contrastare col fato, noi sentiamo, o almeno crediamo sentire che essi non hanno bisogno della nostra tenerezza; e diamo loro solo quello che non possiamo loro togliere: la nostra ammirazione. Invece i deboli, anche se colpevoli, anche se fabbri delle loro sventure, che noi vediamo chinare il capo al destino, soccombenti, affranti, vinti; che noi vediamo gemere, lamentarsi, implorare, anche se il nostro maggiore rispetto stia per i primi, inumidiscono i nostri occhi di fraterna pietā.
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