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      Da chi [3r] la assenza parimente tanto è desiderata come è quella del marito dalla moglie e della moglie dal marito? Overo qual presenza sarà più atta a levare la tristezza overo ad accrescere il gaudio overo a mitigare la calamità di quella della donna? Che cose sono istimate esser communi se non quelle della moglie e del marito? Per le qual cose tutti giudicarono che l'amicizia dell'uomo e della donna sia antichissima di tutte l'altre; per questo si vede nell'istorie che le moglie hanno amato più i mariti che non hanno amato i figliuoli i padri propri. Imperoché, essendo il re Admeto da essere liberato dalla morte s'alcuno de li suoi voleva morir per lui, li parenti di quello, quantunque decrepiti, nondimeno ciò ricusarono; ma Alceste moglie di quello, molto bella e giovane, fu pronta al morire per dare la vita al marito, sì come narra Valerio Massimo e gli altri istorici di fede degni. Ma finalmente [3v] essendo la casa imperfetta, come dice Antipatro appresso il sudetto Giovanni Stobeo nel Sermone predetto, ove non è la donna, sarà ella da esser maladetta facendo ella con la sua presenza quella perfetta?
      Per il che se queste cose, e molte altre che lungo sarebbe raccontare, saranno bene da gli uomini giudiciosi e da bene giudicate e considerate, non credo che alcuno, se non qualche o ingrato o affatto balordo, abbia ardire di volere dir male delle donne.
     
     
      Cap. 2
     
      Che le donne non sono ingrate
     
      Andrea Tiraquello, nella nona Legge congiogale, numero 12, tassa le donne di grandissima ingratitudine, adducendo un proverbio di Diogeniano che dice: "Non far beneficio né a donne, né a vecchi, né a cane d'alcuno, né a nocchiero loquace"; imperoché pare (dice egli) che tutto quello che si fa a persone tali sia buttato via e perso.


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La difesa per le donne
di Vincenzo Sigonio
pagine 140

   





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