Il che non avea potuto Ipperide oratore preclarissimo con la sua orazione, quantunque vi mettesse ogni ingegno e arte per liberar quella, sì come si può vedere in Quintiliano lib. 2 cap. 16; questo è posto parimente da Plutarco nella Vita di esso Ipperide. La qual istoria assai prova la sentenza di Publio Siro dicendo che la bellezza impetra ciò che ella vuole senza che nulla ella addimandi. Per la qual cosa Laerzio scrive, per sentenza di Aristotele, che la bellezza è più efficace e più potente di qualunque pistola o raccommandazione. Parimente Teofrasto addimandava la bellezza una fraude tacita perché ella persuade senza parlare.
Alle qual cose aggiongeremo quelle che scrive Giovanni Stobeo nel Sermone 63 dicendo: "Fra l'altre cose io istimo felice quello [56r] per la bellezza, la quale fra i beni umani massimamente appare e è suavissima a li dei, a gli uomini gratissima, a chi la possede non è molesta, e è facilissima da conoscersi; perciò che gli altri beni posti nell'uomo, come è la fortezza, la prudenza, possono stare nascoste se non si dimostrino per qualche opera, ma la bellezza a modo alcuno non può nascondersi, perciò che ella subito mostra il suo veloce senso; a queste cose molti buoni hanno invidia e si fanno nimici, ma la bellezza fa amici quelli che quella possedono e non lascia esser fatto alcuno nimico a sé". E nel medesimo luoco un certo pitagorico veramente santo questo medesimamente scrisse in lode della bellezza, dicendo: "Quale è la vera felicità della vita, e quali altri sono da essere giudicati beati se non, per dio, quelli i quali sono ornati della bellezza del corpo, dono della natura?
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