animose e anco atte all'armi e alla guerra
Scrive Giovanni Stobeo, per sentenza di Euripide in Medea, che la donna è paurosa, di forze picciole e nel vedere [86r] l'armi timida. Vergilio parimente, lib. 9, e Ovidio nella prima Pistola che è intitolata Penelope a Ulisse, chiamano le donne pavide e non atte alla guerra, e il medesimo Ovidio nell'Arte d'amare parimente le chiama timide. Seneca poi, nella tragedia intitolata Ottavia, dice che la natura ha negata la forza alla donna acciò che ella non fosse invincibile; ma se ciò sia vero o falso gli essempi delle donne valorose a pieno lo dimostreranno.
La moglie di Stratone Regolo, vedendo il marito che con le proprie mani si volea uccidere acciò che egli non fosse fatto pregione da li nimici, e riguardando egli il pugnale con grandissima timidità e viltà d'animo, aspettando la venuta de li nimici, ella trasse di mano quello al spaventato marito e l'uccise, e poi, se stessa uccidendo, si pose sopra quello: questo è scritto nel lib. Della pudicizia delle donne.
Ma passiamo oltre e vediamo le valorose imprese [86v] delle donne nelle armi: Minerva, per altro nome Pallade, prima di tutti insegnò, come dice Cicerone, lib. 3 Della natura de li dei, voltare il ferro in armi, coprire il corpo di quelle, l'arte del combattere e tutte le leggi della guerra. Di questa ragionando il Boccacio, lib. 5 Della genealogia de li dei, cap. 78, citando l'autorità di Cicerone, dice che per queste cause ella fu chiamata da alcuni Bellona e sorella di Marte e guida del carro di quello, come pare attestare Stazio dicendo:
| |
Giovanni Stobeo Euripide Medea Ovidio Pistola Penelope Ulisse Ovidio Arte Ottavia Stratone Regolo Minerva Pallade Cicerone Boccacio Cicerone Bellona Marte Stazio
|