Che se le federazioni dovettero finalmente cedere al fato di Roma, l'ostinata lotta che sostennero nel corso di tre secoli prova abbastanza che la debolezza non è un difetto intrinseco delle costituzioni federative: esse dovettero succumbere perchè non è dato, specialmente ai governi liberi, d'avere troppo lunga durata, e la felicità è un bene così sfuggevole, così straniero, per così dire, all'umana specie, che niuna istituzione è valevole ad assicurargliene il possesso. Se una di quelle calamità, che sempre minacciano la nostra specie, investe una nazione libera, se la peste condensa gli uomini nei sepolcri, se una lunga guerra impoverisce lo stato, se scarseggiano i prodotti della terra, se languisce il commercio, se manca il travaglio ai lavoratori, i mali presenti, il timore dell'avvenire, bastano a sovvertire un governo paterno, tutta la di cui forza essendo posta nell'amore de' sudditi, non può mantenersi se non quanto dura la loro felicità. La tirannia per lo contrario prende vigore e consistenza in mezzo alle calamità generali, imperciocchè quanto più grandi sono le sventure che l'opprimono, tanto meno una nazione può far fronte all'oppressione; anzi non trova miglior consiglio per resistere a nuove sciagure, che quello di porre tutte le sue forze in arbitrio del governo. Le federazioni italiane soggiacquero a quelle sventure dalle quali verun governo può guarentire le popolazioni; e colle federazioni ebbero fine gli sforzi dell'Europa per l'indipendenza. Quando i Sanniti furono oppressi, il mondo intero non potè più resistere alla potenza romana.
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