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      La feroce indipendenza di que' popoli barbari si era prostrata innanzi a lui. Durante la loro sommissione avevano perduto lo spirito nazionale, la forma propria del loro governo, e tutto quanto poteva porli in situazione di mantenersi o di difendersi; ma non avevano nemmeno preso ad amare una monarchia affatto nuova; e l'idea del diritto e della giustizia era affatto straniera a così violente istituzioni. Invano l'autorità sovrana determinava tra i principi le successioni e le divisioni; questa autorità mancante della sanzione de' secoli, cedeva a fronte degl'interessi particolari, e dava luogo alle contese dei figli di Luigi il buono. Gli ordini civili e militari non erano rinforzati da veruno spirito nazionale, da veruna affezione dei popoli per un governo che aveva sovvertiti tanti altri governi: e di qui ebbero origine le invasioni de' Normanni e dei Saraceni, di qui la debolezza di un vasto impero popolato da valorosi soldati, e non pertanto incapace di far fronte ai più spregevoli nemici(32).
      Vero è che i successori di Carlo Magno furono tutti uomini senza talenti; ma tale è pure l'ordinario andamento delle cose, e non era da supporsi che il conquistatore dell'Europa, il fondatore d'una nuova dinastia, dopo un regno glorioso di quarant'anni, avesse in oltre un successore erede de' suoi talenti e delle sue virtù. Se ciò fosse accaduto, se due o tre uomini come Carlo Magno avessero successivamente occupato il trono dei Franchi, la monarchia universale sarebbesi probabilmente mantenuta; ma l'Europa avrebbe perdute le prerogative che la distinguono: sarebbesi forse più presto civilizzata, ma sarebbe ancora rimasta in seguito stazionaria come la China, senza energia, senza forza, senza genio, senza virtù.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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