Insomma il patrimonio ecclesiastico era in sua mano l'oggetto d'uno scandaloso commercio, che gli fruttava immense ricchezze. Mentre i grandi ed il clero erano ridotti a così grande avvilimento, i signori, i conti, i comandanti delle città, non dovevano sperare d'essere più dolcemente trattati. Il diritto di successione ne' feudi, comecchè non si appoggiasse ad una legge dell'impero, era però sanzionato dall'uso di due secoli. Molti feudatarj del regno di Ugo erano stati investiti de' loro feudi sotto il regno di Carlo Magno, ed anche sotto quella de' re Lombardi, rimontando i diritti di taluno fino all'epoca dello stabilimento della nazione lombarda in Italia. Ugo non ebbe verun riguardo a questo tacito diritto, che, a dir vero, era contraddetto dalle formole legali d'investitura, e si arrogò la facoltà di dare e togliere i feudi, non solamente dopo la morte del beneficiato, ma anche in vita.
Il solo ordine della nazione che forse non si lagnava, era il popolo, non perchè meno maltrattato degli altri, ma perchè le sue sofferenze riputavansi cose di così leggiere importanza, che gli storici non credettero prezzo dell'opera il farne memoria. Ci dicono soltanto, come essendosi Ugo impadronito di Frassineto, invece di cacciare da' suoi stati i Saraceni che occupavano questa fortezza, li trapiantò nella Marca Trivigiana onde chiudessero il passaggio ai Tedeschi; e che per farsegli più affezionati, si astenne dal reprimere le loro violenze e saccheggi(56).
Sotto il licenzioso regno di Berengario e de' suoi predecessori, la libertà cui pretendevano gl'Italiani non trovavasi garantita da un potere nazionale indipendente da quello dei re.
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