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      La condizione loro non era in ogni luogo uguale; gli uni servi della gleba vivevano sulle terre che coltivavano col prodotto del proprio travaglio, corrispondendo l'eccedente ai loro padroni secondo certe precise regole sanzionate dall'uso: altri ridotti ad una dipendenza assoluta, non lavoravano che per i loro padroni, ed in virtù dei loro ordini, e da loro avevano il nutrimento(90).
      Ma quantunque la condizione degli schiavi fosse assai dura, erano meno infelici degli schiavi romani in campagna, quando i costumi avevano incominciato a corrompersi. Molte leggi lombarde proteggono i servi contro l'ingiustizia o il soverchio rigore de' padroni; dichiarano libero il marito della donna sedotta dal padrone(91); assicurano l'asilo delle chiese agli schiavi che vi si rifuggiassero(92); e regolano le pene proporzionatamente ai commessi delitti, invece di abbandonarli all'arbitraria punizione del padrone. E siccome i signori conoscevano d'aver bisogno de' loro soggetti qualunque volta venivano attaccati, procuravano perciò di farsi amare, e li trattavano con dolcezza, onde aver soldati pronti a difenderli. La schiavitù delle campagne romane ai tempi degl'imperatori spopolò l'Italia, e la schiavitù delle stesse campagne sotto la nobiltà feudale non fece danno alla popolazione.
      Le leggi lombarde obbligavano i vassalli a seguire alla guerra a proprie spese il loro signore, procurandosi del proprio il cavallo, le armi e le vittovaglie. Carlo Magno ordinò che quando l'armata fosse invitata ad entrare in campagna, ogni soldato si provvedesse di armi d'ogni genere, d'abiti per un anno, e di viveri fino alla nuova stagione.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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