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      Conoscevano ugualmente le forze proprie e quelle de' loro vicini; vedevano di poter dividere tutte le prerogative dell'autorità reale, e tutte le spoglie del trono; che senza pericolo di disordine o d'anarchia, avrebbero anzi conseguito maggior sicurezza, l'indipendenza e più illimitato potere.
      Nè l'interesse de' sudditi era in tal caso in opposizione con quello de' loro padroni, perchè il monarca non gli aveva mai salvati dalle vessazioni del duca o del marchese, nè alla deposizione loro avevano mai dato motivo le lagnanze del popolo: e quando i soggetti sono lasciati in balìa de' loro padroni, è a desiderarsi che la signoria sia ereditaria, affinchè i padroni sieno più interessati alla conservazione ed alla prosperità della medesima. L'autorità d'un signore temporario non era perciò più limitata, e quand'era destituito, gli era il più delle volte surrogato un uomo di minor condizione, che la povertà rendeva più avido e più oneroso ai sudditi.
      Doveva inoltre sembrar più agevole ai sudditi de' magnati il limitare l'autorità di un piccolo principe, che quella d'un gran re; di reprimere le vessazioni d'un uomo che non aveva che le forze dei proprj sudditi, piuttosto che quelle d'un sovrano che, adoperando la politica dei despoti, valevasi dei sudditi d'una provincia per incatenare quelli di un'altra.
      Sembrerà strano che con tali disposizioni gl'Italiani non deponessero Berengario II, e non abolissero l'autorità reale, invece di chiamare Ottone dagli estremi confini dell'Allemagna, e sottomettersi a lui: ma eranvi due altri ordini della nazione, che, quantunque mal soddisfatti, credevano non pertanto di dover sostenere il trono.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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