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      Ultimata la spedizione, l'armata voleva ed aveva il diritto di ritornare ai suoi focolari. Se Ottone avesse voluto stabilire in Italia un gran signore con una ragguardevole forza, non poteva farlo che dandogli terre per lui e per i suoi vassalli, e spogliando gli abitanti d'un'intera provincia delle loro proprietà: tirannica misura che, senza procurargli assai fedeli vassalli, gli faceva tanti implacabili nemici. Se poi si accontentava di provvedere le province di governatori stranieri senza cambiarne gli abitanti, siccome i governatori non avrebbero avuto altra forza che quella dei loro soggetti, così non potevano sperare d'essere ubbiditi se non facendosi amare, e finchè i loro ordini non si opponessero all'interesse dei vassalli. Per ultimo se Ottone si fidava ai baroni italiani, si poneva, allontanandosi, in loro balia più che non lo fossero i suoi predecessori.
      Ma Ottone era potente e glorioso; e ne' quattr'anni ch'egli aveva impiegati alla testa d'una poderosa armata a sottomettere il regno lombardo, egli aveva con mano forte preso lo scettro, e sempre trionfato de' barbari, e represse le ribellioni de' sudditi e di suo figlio medesimo(101). Sempre caro a' suoi soldati, fu rispettato dal clero, benchè si fosse valso dei primi per comprimerlo, deponendo due pontefici, e riducendo la Chiesa nella sua dipendenza. Accrescevano la sua potenza la fermezza del suo carattere, e la costanza irremovibile delle sue risoluzioni che tendevano sempre a grandi cose. Pure con sì grandi mezzi non avrebbe ancora potuto arrogarsi un'autorità dispotica, senza esporsi a perderla all'istante che ripasserebbe le alpi.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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