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      Fu troppo savio, e troppo grande per farne soltanto l'esperimento; egli si valse all'opposto della medesima sua potenza per gettare i fondamenti della libertà.
      Le città erano state fino a' quei tempi governate dai loro conti, che d'ordinario erano pure i loro vescovi: questi signori essendo quasi tutti italiani dovevano per conseguenza essere poco ben affetti all'imperatore. Non li rimosse Ottone, non ne ristrinse pure formalmente le prerogative, ma favorì gli abitanti delle città a dilatare le loro immunità con pregiudizio delle prerogative signorili. Il conte, come il re, non aveva truppe sotto i suoi ordini, onde per dar esecuzione ai suoi voleri in una città assai popolata, ed avvezza alle armi, era forzato o di guadagnarsi l'affetto de' cittadini col rinunciare ad alcune prerogative, oppure d'invocare l'autorità del re che non era disposto a favorirlo.
      Le città in certo qual modo abbandonate a sè medesime, si diedero, di consenso del re, un governo municipale(102). Tali costituzioni si stabilirono durante il regno d'Ottone il grande e de' suoi successori, senza opposizione, senza tumulto, ma altresì senza una carta che ne attesti la legittimità: quindi l'antichità loro non è comprovata che dalla prescrizione sempre in progresso allegata dalle città, qualunque volta vennero richiamati in dubbio i loro privilegi.
      I nuovi municipj conservarono per Ottone il grande loro benefattore la debita riconoscenza, che non venne meno finchè durò la di lui famiglia: ma quando l'ultimo degli Ottoni morì senza figliuoli, trovandosi per tale avvenimento sciolti dai vincoli che gli univano alla casa di Sassonia, scossero interamente il giogo tedesco.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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