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      E siccome la sovranità nazionale non poteva restar inerte, così rifondevasi nelle province. I signori ed i prelati emanavano editti, le città leggi municipali. I feudatarj nominavano i giudici dei villaggi; il popolo i consoli ed i pretori nelle città. Ogni corpo si rivendicava il diritto di difendersi, ogni cittadino diventava soldato: per ultimo magistrati eletti dai loro eguali determinavano per le spese municipali una tassa quasi volontaria, ed un consiglio che veniva chiamato consiglio di confidenza, amministrava il danaro della città.
      Il sentimento che i popoli attaccano all'idea astratta di patria, è composto dai sentimenti di riconoscenza per la protezione che accorda, d'affezione per le sue leggi e costumanze, e di partecipazione alla sua gloria. Ma lo stato era in modo diviso, che ogni cittadino non poteva conoscere se non la protezione dei magistrati della sua città; siccome non poteva conoscere che le leggi, le usanze e la gloria della sua città e delle di lei armi. Talchè abbandonando l'idea indeterminata di membro d'un impero che non conosceva, e col quale non aveva alcun rapporto che incomodo non fosse, ogni cittadino s'avvezzava a circoscrivere alla sua città l'idea di patria e tutta la sua patria. In tal maniera formossi nell'opinione degli uomini una strana rivoluzione, e fin qui senza esempio; imperciocchè quantunque la prosperità e la libertà siano state sempre il retaggio esclusivo delle piccole nazioni, come appartengono ai grandi stati il despotismo, i grandi abusi, i traviamenti dell'ambizione, le guerre senz'oggetto e le paci senza riposo; non erasi ancor veduto, e forse non si vedrà mai più un popolo rinunciare agli attributi di grande nazione, alla gloria attaccata ad un nome collettivo, alla grandezza, alla potenza, per cercare la libertà nello scioglimento del suo legame sociale.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281