Alberico intanto era un padrone che, avendo saputo attaccare i Romani alla propria causa, li teneva in armi per l'indipendenza della patria; e forse, nello stato in cui li trovò, la sua amministrazione era la più confacente alla loro gloria. Conservò ventidue anni il favore che si era acquistato del popolo romano, e morendo lasciò quasi ereditario il principato di Roma a suo figlio Ottavio in età di soli diciassett'anni. Nominò fin che visse successivamente diversi papi, che tenne sempre sotto l'assoluta sua dipendenza; e quando morì l'ultimo di questi, che gli era sopravvissuto due anni, Ottaviano, ch'era prete, suppose di assicurare la propria autorità aggiungendovi la potenza spirituale, e si fece consacrare pontefice col nome di Giovanni XII: e dalle sue mani Ottone il grande ricevette la corona imperiale.
Sembrerà cosa strana, senza dubbio, che nel decimo secolo, secolo dell'ignoranza e della superstizione, il poter dei papi rovinasse così subitamente; e non si vorrà credere che l'epoca, e la cagione principale dell'abbassamento del potere sacerdotale fosse appunto la donazione fatta da Carlo Magno alla santa sede. I papi, diventati in forza di tale donazione sovrani, o per lo meno grandi feudatarj, dovevano soggiacere alle stesse cagioni di deperimento, che sordamente attentano alla potenza di tutti i monarchi e grandi signori. Non erasi ancora ritrovata l'arte non ignota agli antichi d'esercitare un assoluto potere sopra città lontane, di modo che tutte le città rendevansi indipendenti.
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