Enrico III non abusò del potere che riduceva in così ristretti limiti le libertà della Chiesa e del popolo. Clemente II, Damaso II e Leone IX, ch'egli elesse successivamente, erano uomini religiosi, che riformarono i costumi del clero e della Chiesa. L'ultimo, cui procurò la tiara, fu Vittore II, prima vescovo (1054) d'Aichstett, che gli fu indicato dal monaco Ildebrando, in allora sottodiacono della Chiesa romana. Enrico si risolvette con difficoltà ad allontanare dal suo fianco questo prelato, ch'era uno de' suoi principali consiglieri e de' più cari amici(203); e quando nel susseguente anno fu Enrico sorpreso dalla mortal malattia che lo condusse al sepolcro in età di trentanove anni, confidò a questo papa ed all'imperatrice Agnese l'amministrazione de' suoi stati e la tutela di suo figlio in età di soli cinque anni. Vittore sopravvisse poco tempo ad Enrico, ed i suoi successori non corrisposero alla confidenza che l'imperatore aveva riposta nella santa sede.
Fu in fatti dopo la morte d'Enrico III, che i Romani pontefici, benchè sudditi e creature degl'imperatori, si eressero in loro censori e padroni. Il successore di s. Pietro ambì apertamente un dominio universale; ambiziosi prelati si presero cura di destare il fanatismo del popolo, e per lo spazio di settant'anni d'anarchia la potenza ecclesiastica e la secolare si fecero guerra non meno colle armi, che coi delitti. Noi crediamo poterci dispensare dal raccontar di nuovo circostanziatamente la troppe volte descritta contesa del sacerdozio e dell'impero, per cagione dell'investiture; e ci limiteremo ad indicare il carattere dei personaggi che vi rappresentarono le prime parti, e quale fosse lo spirito del secolo che la vide nascere.
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