«Il papa resistette lungo tempo, dice Lamberto d'Aschaffemburgo storico contemporaneo, ma vinto alfine dalle importunità e dal rango di coloro che gliene facevano istanza: E bene, diss'egli, se veramente è pentito di quanto ha fatto, deponga nelle mie mani la sua corona, e le insegne della dignità reale, onde darmi così una prova del suo vero pentimento; e dichiari poi, che in conseguenza della contumacia di cui si è reso colpevole, si conosce indegno della dignità e del titolo di re. I deputati trovando tali condizioni troppo dure, insistevano presso al papa perchè le addolcisse, e non spezzasse la canna. Cedeva a stento Gregorio alle loro istanze, acconsententendo che Enrico s'avvicinasse a lui, e facesse penitenza per riparazione dell'affronto fatto alla santa sede col disubbidire ai suoi decreti. Venne Enrico, secondo gli era dal papa ordinato, e come il castello era circondato da triplici mura, fu ammesso nel secondo recinto, rimanendo tutto il suo seguito fuori del primo. Enrico, deposti gli abiti reali, non aveva più nulla che lo mostrasse principe, verun indizio del consueto fasto: colà rimanevasi coi piedi ignudi, e senza cibo dal mattino fino a sera, aspettando invano la sentenza del pontefice. Così fece il secondo ed il terzo giorno, e finalmente fu introdotto il quarto in presenza di tutti, e dopo lunghe discussioni fu assoluto dalla scomunica a condizione per altro di presentarsi ad ogni richiesta del papa innanzi ad un'assemblea dei principi di Germania per giustificarsi intorno alle accuse fattegli: che il papa sarebbe giudice, per lasciare ad Enrico il regno, ove provasse la sua innocenza, o per ispogliarnelo in caso contrario, e punirlo secondo il rigore delle leggi ecclesiastiche.
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