Soddisfatta la brama di occupare prima del tempo la paterna eredità, non era soddisfatta la sua ambizione se non la possedeva tutta intera. Il diritto delle investiture veniva con ragione risguardato siccome una delle principali prerogative della corona, ed Enrico non era disposto di rinunciarvi a verun patto.
Avvicinandosi a Roma, stipulò ai confini della Toscana con Pietro Leone, uno de' più potenti signori di Roma, una convenzione, che poi rinnovò a Sutri, tendente ad assicurare la pace tra la Chiesa e l'impero. Convien dire che considerabili fossero le forze d'Enrico, e che Pasquale benchè collegato coi Normanni si trovasse ancor assai debole, poichè serviva di base al trattato una larga concessione del papa a favor dell'imperatore(234). Lo stesso Enrico ne dava parte con sua lettera ai fedeli in tale maniera:
«Il signor Pasquale voleva, senza ascoltarci, privare il regno delle investiture dei vescovi che noi possediamo, e che nel corso di quattro secoli possedettero i nostri predecessori, fino dai tempi di Carlo Magno, sotto sessantatre diversi pontefici, in virtù e coll'autorità dei privilegi. E perchè noi gli chiedevamo per mezzo dei nostri deputati qual cosa allora rimarrebbe al re, avendo i nostri predecessori donate alle chiese quasi tutte le nostre proprietà, rispondeva che gli ecclesiastici sarebbero contenti delle decime e delle offerte, e che potrebbe ripigliarsi e conservare per se e suoi successori le terre e diritti signorili donati alle chiese da Carlo, da Luigi, da Ottone, da Enrico.
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