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      Vero è che i loro possedimenti continentali ricevevano danno dalla loro lontananza; ma seguendo l'esempio de' loro ospiti cercarono di supplirvi col commercio e colla navigazione. In tal maniera abbiam veduto a' dì nostri una nobiltà rovinata dedicarsi a quella mercatura, che senza degradarsi non avrebbe avanti potuto esercitare. I disastri delle province rendevano il commercio più necessario e più lucroso. I Veneziani dovevano moltiplicare il loro travaglio per somministrare agli abitanti delle città incendiate le cose necessarie alla rifabbricazione delle loro case, e le vittovaglie fino al nuovo raccolto. Un assai maggior numero di marinai e d'artigiani poteva impiegarsi nel commercio, onde della popolazione povera ma industriosa ch'erasi rifugiata nelle isole, la miglior parte fu ritenuta in questo asilo coll'allettamento di maggior lucro, e col godimento di una sicurezza che non poteva trovarsi altrove. Con ciò s'andò formando in mezzo alle lagune una nuova nazione risultante dall'unione forzata de' Veneti primi ai secondi; una nazione di nobili, d'operai laboriosi, e di marinai, i quali tutti dovevano vivere non dei prodotti della terra, ma di quelli di un'industria attiva e crescente.
      Pare che la piccola città di Rialto ricevesse i consoli, o i tribuni che formavano il governo municipale di Padova: ma Padova era incendiata, ed i nobili, i cittadini più potenti, eransi riparati nella seconda Venezia, e nulla poteva lusingarli a riprendere un soggiorno che la forza non poteva assicurare, niun particolare vantaggio rendere volontario.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo I
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 281

   





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