I mercadanti e viaggiatori pisani mal soffrivano gli oltraggi fatti agli amici ed al nome cristiano, e desideravano di porvi riparo: perchè di ritorno in patria eccitarono i proprj concittadini a prendere le armi contro gl'infedeli. Il loro entusiasmo si propagò in tutte le classi del popolo; e tutta la gioventù montò sulle navi, che spiegarono le vele per la Calabria ove dovevansi assalire i Saraceni.
Intanto un re moro, chiamato Muset, erasi impadronito della Sardegna, posta quasi in faccia di Pisa, e vi aveva stabilita una colonia di corsari (1005). Ebbe questi avviso che la più valorosa gente di Pisa erasi impegnata in quell'impresa cavalleresca, lasciando la città quasi senza difesa. Le sue galere entrarono una notte nella foce dell'Arno, e rimontarono il fiume quasi fino(381) all'anteriore sobborgo della città. Gli abitanti risvegliati da orribili grida, conobbero ad un tempo l'incendio delle loro case, e lo sbarco de' nemici. Tutti fuggivano in tanta trepidazione alla campagna, e sola una donna della famiglia Sismondi, chiamata Cinzica, invece di seguire i fuggitivi, corse al palazzo de' consoli a traverso de' Musulmani medesimi che occupavano la strada lung'Arno, ed il ponte che univano il sobborgo alla città. Annunciò ai magistrati il pericolo della patria, e fece suonare la campana d'allarme del palazzo, alla quale risposero le altre della città; onde risvegliatisi i cittadini accorsero alla vendetta; ma i Saraceni, temendo l'urto delle milizie repubblicane, rimontarono a precipizio sulle loro navi, ed uscirono dalla foce dall'Arno.
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