Ogni città era libera, ma disuguale la popolazione di tutte le città. L'estensione e la fecondità del territorio, il vantaggio della posizione, le antiche prerogative civili ed ecclesiastiche, rendevano le une più ricche e potenti delle altre. Milano e Pavia primeggiavano su tutte le città lombarde, ed i loro cittadini, divisi da una pianura di sole venti miglia non attraversata da verun fiume, avevano in tanta vicinanza frequenti motivi di disgusti; perciocchè, oltre la rivalità di gloria e di potenza, davan loro cagione di acerbe guerre i confini delle diocesi non divise dalla natura, ed i dispareri sul corso delle acque destinate alla irrigazione de' terreni.
Da principio si offesero indirettamente, cercando di ridurre in podestà loro le città vicine più deboli; lo che divise tutta la Lombardia in due fazioni, delle quali eran capo Milano e Pavia. Cremona, che dopo queste era la più potente repubblica, tentò del 1100 d'impadronirsi di Crema1. Pavia moveva guerra a Tortona nel 1107, e Milano attaccava Lodi e Novara; le quali per timore di servitù chiedevano ajuto alla metropoli amica. E per tali cagioni Crema e Tortona si posero sotto la tutela de' Milanesi, mentre Pavia, Cremona, Lodi e Novara si collegarono per far testa alla potenza de' Milanesi. I Bresciani, antichi rivali di Cremona, si collegarono con Milano, siccome gli Astigiani, nemici dei Tortonesi, s'unirono a Pavia. E tra le città più lontane, Parma e Modena seguivano d'ordinario la parte milanese; Piacenza e Reggio l'opposta lega.
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