Intanto i Lodigiani trovavansi in preda a mortali terrori: essi mandavano le mogli ed i figli coi più preziosi effetti a Cremona ed a Pavia; e gli uomini restavano di giorno nelle proprie abitazioni, che abbandonavano la notte, disperdendosi ne' borghi e nelle campagne, per timore d'essere ad ogni istante sorpresi dall'armata milanese, che volesse punirli d'aver osato desiderare la libertà. Ma il popolo milanese, prevenuto dell'imminente arrivo dell'imperatore, non volle, attaccando i Lodigiani, che aveva presi a proteggere, provocare maggiormente il suo sdegno; che anzi unitamente agli altri Lombardi mandarono a Federico i regali che le città avevano costume di spedire al nuovo sovrano. I deputati di Pavia e di Cremona portarono in tale occasione al trono imperiale le loro lagnanze contro la crescente ambizione dei Milanesi i quali conobbero ben tosto l'aggravio loro fatto dalle vicine città, ed alla nuova stagione tentarono di vendicarsene con alcune scorrerie sui territorj di Pavia e di Cremona59.
La Lombardia era ancora in armi nell'ottobre del 1154 in cui v'entrò l'imperatore. Scendeva egli le Alpi per la vallata di Trento, e marciava alla testa di tutti i suoi vassalli, e di un'armata maggiore assai di quante ne avevano i suoi predecessori condotte in Italia. Fermossi alcun tempo in riva al lago di Garda per aspettarvi i suoi feudatarj; poi s'avanzò fino a Roncaglia in vicinanza di Piacenza; segnò il suo campo sulla pianura in riva del Po, e, secondo l'antica costumanza, vi aperse i comizj del regno d'Italia60.
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