Altri deputati furono mandati a Federico, i quali rappresentarongli il castigo inflitto al console, siccome una luminosa soddisfazione che il popolo di Milano aveva voluto dargli: tentarono pure di calmarlo offerendogli una ragguardevole ammenda, a condizione per altro di lasciare la loro repubblica nel tranquillo possesso di Como e di Lodi. Ma il leone che aveva assaporato il sangue, rifiutava tutt'altro nutrimento. Federico si crucciò fieramente dell'offerta di un tributo, quasi si fosse cercato di corromperlo col danaro65; e menando i suoi soldati nelle più fertili campagne del Milanese, le lasciò a discrezione loro. S'avanzò poscia verso i due ponti fortificati che i Milanesi avevano costrutti sul Ticino per passare quando il volessero nel territorio novarese, e dopo averli attraversati egli e l'armata, li fece abbruciare. Milano possedeva pure sull'opposta riva due castelli risguardati come chiavi del Novarese, Trecate e Galliate, ne' quali teneva sempre guarnigione. Federico li prese d'assalto, e dopo averli saccheggiati li fece spianare66.
I Milanesi osservavano attoniti le rovine fatte da questa barbara armata, che a guisa di turbine aveva attraversato il loro territorio. Essa ne era finalmente uscita, ma non potevano prevedersi i suoi ulteriori movimenti; e dopo varj inutili tentativi, si era abbandonato il progetto di calmare coi doni la cieca sua collera. Rinvenuti da quella prima sorpresa, i magistrati pensarono a porsi in sicuro contro nuovi attacchi. Introdussero in città abbondanti provvigioni, ne rinforzarono con estrema cura le fortificazioni, e misero i castelli del territorio nel migliore stato di difesa.
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