Il popolo atterrito ugualmente dai fulmini della Chiesa e dalle minacce dell'esercito Allemanno, non si mosse a favore dell'apostolo della libertà, dichiarato eretico da un concilio; ed avanti che i Romani avessero tempo di rinvenire da questa prima sorpresa, la vendetta papale era compiuta. Il Prefetto teneva il prigioniero nella sua abitazione in castel s. Angelo; di dove in sul far del giorno lo fece tradurre alla piazza del Popolo, destinata alle esecuzioni de' delinquenti. Dal rogo, su cui si fece salire per abbruciarlo, Arnaldo potè vedere a perdita di vista le tre lunghissime strade che facevan capo innanzi al patibolo, e che formano quasi la metà di Roma. Colà, ignorando l'estremo pericolo del loro legislatore, giacevano ancora immersi nel sonno quegli uomini, che tante volte aveva chiamati alla libertà. Il fracasso dell'esecuzione, e le fiamme del rogo risvegliarono i Romani, che si armarono ed accorsero, ma troppo tardi, per salvarlo. Le coorti del papa rispinsero colle loro lance coloro che desideravano di raccogliere come preziose reliquie le ceneri d'Arnaldo78.
Dopo tale esecuzione, Adriano accompagnato da' suoi cardinali s'avanzò fino a Viterbo all'incontro di Federico. Qualunque fosse il bisogno ch'egli aveva di lui, voleva, in sull'esempio de' suoi predecessori, ridurre l'imperatore ad umiliarsi innanzi al capo della Chiesa prima d'essere da lui esaltato. Federico, vedendolo avvicinarsi, non si mosse per tenergli la staffa ed ajutarlo a discendere dal mulo: tanto bastò perchè il papa si rifiutasse di dargli e di ricevere il bacio di pace finchè l'orgoglioso monarca, alle persuasioni de' suoi cortigiani che avevano veduto Lotario nella medesima circostanza, si piegò a così umiliante ceremoniale.
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