Gli abitanti di due porte della città, che ne formavano il terzo, furono incaricati di tale spedizione. Gentiluomini e plebei, cavalieri e pedoni, tutti partirono assieme, e nello spazio di tre settimane in cui rimasero a Tortona, a vicenda soldati e muratori, respinsero i Pavesi che volevano impedire il rifacimento della città, e nel medesimo tempo rialzarono le mura e le rovinate case90. Alle porte Ticinese e Vercellina furono surrogate la Renza e la Romana; e mentre toccava a quest'ultima la guardia, i Milanesi accantonati nel sobborgo di Tortona, furono sorpresi dalle milizie di Pavia, e costretti di salvarsi nella città alta, abbandonando la maggior parte dei loro effetti e munizioni. Altri rifugiaronsi nella chiesa mentre i loro fratelli d'armi rispingevano dalle mura non ancora ultimate gli assalitori. Dopo la battaglia i consoli fecero scrivere sulla porta della medesima chiesa i nomi di coloro che disperando della salute pubblica vi avevano cercato un rifugio con dispendio del proprio onore91.
I Milanesi non si limitarono a ristabilire Tortona, ed a richiamarvi i loro abitanti, ma si disposero inoltre a punire coloro che, comunque ugualmente interessati alla libertà d'Italia, eransi uniti all'oppressore di quella. Essi ristabilirono e fortificarono il ponte sul Ticino presso Abbiategrasso, che era stato abbruciato da Federico: per il qual ponte, aprendo loro i territorj della Lomellina e di Vigevano da loro sottomesse, potevano, quando gli piaceva, attaccare i paesi del Pavese, del Novarese, del Monferrato.
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