Ai Lombardi mancava quella ferma confidenza nel destino della loro repubblica, che avevano gli antichi Romani; quella impossibilità di concepire altra esistenza fuori dell'indipendenza e della libertà; quella forza d'animo che si ostina contro le sventure per un sentimento superiore al freddo calcolo dei vantaggi e dei pericoli. La repubblica era ancora giovane, e la ricordanza della passata dipendenza indeboliva l'energia de' cittadini; le loro istituzioni non erano proprie a sostenere e formare le virtù pubbliche; e non andavano debitori del valor loro, qual che si fosse, che alla natura ed alla libertà, non all'avvedutezza dei legislatori. Essi cedettero alle persuasioni del conte, e spedirono deputati a Federico, il quale accordò loro tali vantaggiose condizioni cui ben potevano sottoporvisi senza vergogna: obbligavansi i Milanesi di rendere la libertà a Como ed a Lodi, a giurare fedeltà all'imperatore, a fabbricargli un palazzo a spese del Comune, a pagargli in tre termini entro un anno nove mila marche d'argento, per guarentire la quale somma dovevano dare alcuni ostaggi; finalmente a rinunciare ai diritti reali ch'essi possedevano. L'imperatore dal suo canto prometteva che, tre giorni dopo aver ricevuti gli ostaggi, allontanerebbe l'armata dalle mura di Milano, senza permettergliene l'ingresso. Venivan compresi nel trattato gli alleati di Milano, i Tortonesi, i Cremaschi, e gl'Isolani del Lago di Como, sanzionando colla sua autorità la continuazione della loro alleanza, e permettendo ai Milanesi l'elezione dei Consoli nella pubblica assemblea del popolo, a condizione che gli eletti gli giurassero fedeltà, e che altri deputati si presenterebbero a lui nelle seguenti calende di febbrajo a rinnovare il giuramento de' Consoli.
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