I cittadini di tre quartieri della città andavano avanti al Carroccio portando in mano supplichevoli croci, e quelli degli altri tre chiudevano la processione. Quando il sacro carro fu a vista dell'imperatore, i trombetti della signoria fecero per l'ultima volta eccheggiar l'aria del loro clangore; l'albero su cui sventolava lo stendardo s'abbassò come spontaneamente innanzi al trono, e non fu rialzato senz'ordine di Federico. Il Carroccio con novantaquattro stendardi furono in seguito dati ai Tedeschi. Allora uno de' consoli milanesi si fece ad arringare l'imperatore, supplicandolo d'usare misericordia alla sua patria. Tutto il popolo si gettò subito ginocchione, domandando perdono in nome delle croci che portavano. Il conte di Biandrate che militava sotto Federico, prendendo una croce di mano a quelli contro cui aveva poc'anzi combattuto e che per lo innanzi servì, si prostrò innanzi al trono domandando grazia per loro. Tutta la corte, tutta l'armata piangeva a così compassionevole spettacolo; e soltanto non iscorgevasi verun indizio di commozione sul volto dell'imperatore. Diffidando della sensibilità della consorte, non aveale permesso di assistere a questa ceremonia; perchè i Milanesi, non potendo avvicinarsele, gettavano verso le sue finestre le croci che erano portate e che dovevano parlare per loro. Federico poi ch'ebbe ricevuto il giuramento di fedeltà da tutti quelli che accompagnavano il Carroccio, e scelti quattrocento ostaggi, ordinò al popolo di tornare a Milano, di demolire le sei porte della città ed i muri attigui e di riempire la fossa, ond'egli potesse liberamente entrare colla sua armata.
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