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      I consoli genovesi Corso Sismondi e Baldizzo Ususmari, deputati del comune presso Federico, dovevano dare guarentia per Barisone e promettere l'assistenza della loro flotta per metterlo al possesso del nuovo regno, ch'egli doveva poi sempre mantenere ligio e devoto alla repubblica di Genova.
      Tosto che i consoli pisani, che pure trovavansi alla corte di Federico, ebbero sentore di questo trattato, riclamarono altamente contro la concessione che l'imperatore era per fargli, rimostrando che la Sardegna era una proprietà di Pisa e che Barisone, il quale aveva la sciocca vanità di aspirare allo splendore della corona, era vassallo e livellario della loro repubblica. I consoli genovesi che fino allora non eransi più che tanto interessati alle proposizioni fatte dal giudice d'Arborea, abbracciarono subito la sua difesa per dar peso alle loro pretese sulla Sardegna, ed impedire che non fossero dall'imperatore riconosciuti i titoli dei loro rivali. Ma questi, senza prendersi troppa cura di scandagliare il merito della causa, s'affrettò d'accettare il danaro che venivagli offerto per una corona che non gli apparteneva; e fece stendere dai suoi notai un diploma col quale dichiarava Barisone re di Sardegna; dopo di che domandavagli le quattro mila marche promesse159.
      Il giudice d'Arborea, costretto d'imitare il fasto della corte e largamente spendendo, aveva omai consunti que' tesori che il ristretto vivere tra i suoi rustici vassalli gli faceva credere inesauribili. Di modo che quando Federico gli accordò il diploma sì lungo tempo desiderato, il nuovo re non aveva la somma convenuta.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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