Vero è ch'egli disponevasi a stabilire nella sua isola le imposte di cui vedeva aggravati i popoli del continente, e protestando che i suoi sudditi, abbagliati dallo splendore della nuova dignità, s'addosserebbero con piacere le spese del trono, chiedeva a Federico di rientrare nella sua isola ond'essere in grado di soddisfare in breve al suo debito; ma l'imperatore dichiarò che non gli avrebbe permesso di allontanarsi dalla sua corte senza aver prima mantenute le sue promesse.
I consoli genovesi che avevano favoreggiata la sua causa più per soddisfare al loro odio contro di Pisa, che per affetto che portassero a Barisone, si risolsero di soccorrerlo. Nè pagarono soltanto le quattro mila marche dovute all'imperatore; che vi aggiunsero altre più ragguardevoli somme per accompagnarlo con un'armata in Sardegna; ma perchè risguardavano la sua persona come la sola cauzione del loro credito, non gli permisero mai di sbarcare nella sua isola; e dopo essere rimasto alcun tempo in faccia ad Arborea, sospettando che li tradisse e si accomodasse di nuovo coi Pisani, lo ricondussero a Genova, ove lo tennero prigioniero per i suoi debiti160.
Intanto i giudici di Gallura e di Logodora, avendo rinnovato il loro giuramento di fedeltà ai Pisani, avevano coi soccorsi della repubblica occupato il distretto d'Arborea e postolo a fuoco ed a sangue, di modo che il nuovo re di Sardegna, lungi dall'assoggettarsi i suoi uguali, aveva inoltre perduto l'antico suo patrimonio. Non però, quantunque dimenticato più anni in prigione, lasciarono le rivali repubbliche di battersi in mare e di distruggere i vascelli nemici e le fortezze poste lungo le loro spiaggie.
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