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      Colle milizie pavesi e comasche non altro proponendosi l'imperatore, che d'arricchire i suoi partigiani colle spoglie de' villaggi nemici, si ritirò all'avvicinarsi delle truppe della lega al di là dei ponti che i Pavesi avevano gettati sul Ticino e sul Po, ed andò a foraggiare sul territorio piacentino.
      Continuando lo stesso metodo di guerreggiare tutto l'inverno, non tardò ad accorgersi che, invece d'agguerrire con queste piccole scaramuccie i suoi soldati, andava perdendo in faccia ai medesimi tutta la sua riputazione, non essendo permesso ad un imperatore il retrocedere ad ogni istante in presenza di coloro ch'egli trattava da ribelli. (1168) Risolse perciò di passare in Germania nel mese di marzo 1168, ed eseguì con tanta segretezza la presa risoluzione, che i Lombardi stessi che militavano sotto di lui, non ebbero sentore della sua partenza che quando trovavasi già fuori d'Italia nelle terre del conte Umberto di Savoja. Passando per Susa quegli abitanti lo sforzarono a rilasciare tutti gli ostaggi che aveva seco presi, e non gli permisero d'innoltrarsi sulle montagne finchè non ebbero piena contezza, che niuno dei trenta cavalieri o poco più che lo accompagnavano, apparteneva all'Italia194.
      Il partito imperiale tenuto in piedi soltanto dal coraggio e dai talenti militari di Federico, cadde affatto dopo la sua partenza. I confederati ne approfittarono per attaccare il castello di Biandrate, che presero e distrussero, dopo aver liberati molti ostaggi che v'erano detenuti. Allora gli abitanti di Novara, di Vercelli, di Como, i feudatarj di Belforte e del Seprio domandarono caldamente d'essere ammessi nella lega lombarda, abiurando il partito imperiale195. Fecero lo stesso Asti e Tortona: ed il marchese Obizzo Malaspina, che in principio della guerra aveva combattuto per la libertà, approfittò della ricordanza degli antichi servigi, per far dimenticare quelli che aveva di fresco prestati a Federico, ed entrò anch'esso nella lega lombarda196.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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