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      Una diramazione delle montagne del Piceno forma il promontorio su cui è fabbricata la città d'Ancona. Questo promontorio s'avanza nell'Adriatico da ponente a levante, e ripiegandosi presso all'estremità verso settentrione forma un vasto seno intorno al quale s'alza la città a guisa d'anfiteatro lungo un ripido pendìo dal livello del mare fino alla bipartita sommità della montagna. Una delle sommità trovasi adesso occupata da un convento di cappuccini, l'altra dalla chiesa cattedrale, dal di cui porticato vedonsi a destra le nevose montagne della Dalmazia, a sinistra la ridente svariata costa dell'Emilia, mentre il sole sembra nascere e coricarsi nelle onde. Il rovescio della montagna dalla banda dell'alto mare è tanto scosceso, che rende inutili le fortificazioni dell'arte. Di verso terra la città è accessibile da un solo lato; e la stessa porta conduce a Sinigaglia posta a settentrione, come a Recanati che trovasi a mezzogiorno, ed oggi a Loreto che allora non esisteva. Apresi questa porta sopra un angusto piano fra il porto e le montagne, colle quali si comunica per mezzo di una seconda porta. L'apertura del porto verso settentrione viene in parte chiuso da un antico molo, lavoro romano, ornato da un arco trionfale eretto in onore di Trajano; ma la bocca del porto è tuttavia troppo larga tanto per assicurare le navi dai colpi di vento, che la città dalle aggressioni nemiche. Le galee veneziane ne approfittarono e vennero a dar fondo in faccia allo sbarco della città.
      La prima operazione che facesse l'arcivescovo di Magonza tostochè s'avvicinò ad Ancona, fu quella di devastarne il territorio, facendo svellere le viti, gli ulivi, ed ogni altro albero fruttifero, e distruggendo tutto quanto poteva servire d'alimento agli uomini.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo II
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1819 pagine 316

   





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